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Bioplastica, Plastica biodegradabile e Plastica compostabile: facciamo ordine!

Materiali alternativi alla plastica: facciamo un po’ di chiarezza insieme!




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La ricerca di materiali alternativi alla plastica tradizionale è un tema che anima molti dibattiti, e a ben vedere; nasce infatti sia da un interesse crescente verso un approccio più sostenibile dell’uso dei materiali plastici, sia dall’aumento della domanda di prodotti a basso impatto ambientale.

Basta aprire gli occhi, per rendersi conto che è l’ambiente stesso a chiederci materiali alternativi e più sostenibili.


Un po’ di confusione!

Con la diffusione e il maggior utilizzo di nuovi materiali plastici, anche i termini per descriverli – come bioplastica, plastica biodegradabile e compostabile – sono diventati d’uso comune.

Purtroppo però vengono spesso confusi e considerati dei sinonimi: niente di più sbagliato! È importante essere consapevoli che ognuno di questi termini ha un significato ben preciso: non è detto che una bioplastica sia anche biodegradabile, e che la plastica degradabile sia meglio di quella non degradabile.  Cerchiamo quindi di fare chiarezza e capire meglio le differenze tra i vari termini.

 

Plastica degradabile

La plastica degradabile (oxo-degradabile) è essenzialmente una plastica “tradizionale” alla quale sono stati aggiunti degli additivi chimici in grado di scatenare la sua frammentazione: significa che, sottoposta a particolari condizioni ambientali (luce, calore, ecc), si trasforma in tempi relativamente brevi in “frazioni microscopiche”.

A cosa servirebbe questa frammentazione? Ad agevolare la successiva e definitiva decomposizione della plastica. Il condizionale è però d’obbligo, visto che una relazione del 2018 della Commissione Europea – organo esecutivo dell’Unione Europea – ha evidenziato che non esiste alcuna prova definitiva che la plastica degradabile subisca, all’aria, in discarica o nell’ambiente marino, una biodegradazione completa in un arco di tempo ragionevole. Come dire: la teoria funziona, ma sulla pratica non ne siamo troppo sicuri.

Addirittura – di male in peggio – sembra che tali plastiche contribuiscano all’inquinamento da microplastica dell’ambiente marino, e che non siano da escludere potenziali effetti tossici.

 

La bioplastica

Con il termine bioplastica si possono identificare differenti tipologie di plastica con caratteristiche anche molto diverse tra loro:

  • materiale plastico che deriva (parzialmente o interamente) da biomassa animale o vegetale, ma che non è biodegradabile (es. bio-PET, bio-PP);
  • materiale plastico derivato anche interamente da materie prime non rinnovabili, ma che è sorprendentemente biodegradabile (es. PCL, PBS);
  • materiale plastico derivato, parzialmente o completamente, da biomasse con forte propensione alla biodegradabilità (es. PLA, plastiche a base di amido).

 

Plastica biodegradabile

Con biodegradabile si indica la capacità di un materiale, in condizioni ambientali naturali, di dissolversi negli elementi chimici che lo compongono, e questo grazie all’azione combinata di agenti biologici (ovvero batteri, funghi, piante, animali, ecc…) e fisici (sole, acqua, caldo, freddo,…).

Questo ci fa capire che tutti i materiali, potenzialmente, hanno la possibilità di essere biodegradati. Cosa, però, identifica un materiale come biodegradabile da uno che, invece, non lo è? Il tempo. Ovvero, quello necessario a completare il 90% del processo di biodegradazione, che non deve superare i 6 mesi.

Anche per distinguere i materiali biodegradabili da quelli compostabili la principale discriminante è il tempo necessario a completare il processo di biodegradazione. Infatti, perché un prodotto possa riportare la dicitura “compostabile”, secondo la normativa europea deve essere biodegradabile nell’arco di soli 3 mesi.

Inoltre, deve superare i test di eco-tossicità: il prodotto finale non deve esercitare alcun effetto negativo sull’ambiente.

 

Materiale compostabile

Si definisce compostabile un materiale organico che non solo è biodegradabile, ma che attraverso un processo (che avviene in condizioni controllate) di decomposizione biologica si trasforma in compost, ovvero, una sorta di terriccio molto ricco di sostanze organiche, e dunque ideale come fertilizzante naturale.

Abbiamo visto dunque che ci sono molteplici tipi di bioplastica con caratteristiche differenti, sia biodegradabili che non, perciò è fondamentale smaltire i vari tipi di plastica nel modo corretto, così che possano essere riciclati correttamente.

Quando, ad esempio, prendiamo un sacchetto e lo utilizziamo per la raccolta dei rifiuti umidi, dobbiamo assicurarci che sia adatto al compostaggio; la plastica, infatti, anche se biodegradabile, va comunque gettata insieme a quella “tradizionale” nel contenitore per la raccolta della plastica.

 

Per saperne di più:

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  • Macro e microplastiche nel Mediterraneo: un bel problema! (Leggi di più)
  • Qual è l’impatto della plastica sull’ambiente marino? ( Leggi di più)
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  • Mediterraneo e Pacifico: stessi livelli di microplastiche in acqua (Sito CNR, Leggi di più)

Foto copertina by Nareeta Martin on Unsplash